Un racconto breve ma intenso, si legge tutto d’un fiato in un paio di ore.
Compro questo libro nella libreria di via Luccolli di Genova “L’amico ritrovato” dove riesco sempre a trovare tantissimi libri di mare interessanti.
La capacità di sintesi di Erri De Luca e la sua forza espressiva trovano conferma in questa breve storia scritta nel 2002 da De Luca su richiesta di Maurizio Scaparro per un’opera di teatro intorno alla figura del marinaio Sindbad.
Tematica trattata quella degli “immigrati attraverso il mare” ancora oggi assolutamente di grande attualità. Poche pagine per descrivere un “Viaggio della speranza” visto dalla parte di chi conduce i migranti verso la libertà e verso la salvezza.
Il suo Sindbad è una reincarnazione mediterranea del personaggio delle Mille e una notte: un marinaio al suo ultimo viaggio che ha visto ogni tempesta e ogni bellezza, ma anche le migrazioni verso le Americhe.
È lui a portare i migranti di oggi verso il loro sogno occidentale ed europeo. E loro, questi nuovi migranti, riempiono la sua storia di nuove storie, di sogni, di leggende, di incoscienti atti di coraggio.
‘L’ultimo viaggio di Sindbad’ è un racconto di mare e di vita. Mestiere spietato il suo, guardiano di una folla ammassata nella stiva. Nemico e custode di un’umanità in fuga. Trasporta migratori e migratici verso il nostro Occidente, chiuso a filo spinato.
Sottocoperta un carico di uomini, donne, bambini aspetta di arrivare alle coste italiane.
Parla scarno, Sindbad.
“Malvenuti a bordo” urla Sindbad. I migranti “sono delle casse, così è scritto nel libro di bordo”
Tagliano il mare lasciandosi alle spalle l’inferno. Un passeggero guarda il blu della distesa salina, assapora futuro: “Deve esserci da qualche parte la libertà”.
Un altro grida: “Dov’è l’Oriente?”. Vuole orientare la preghiera, e anche la vita. L’Oriente è a poppa, insieme al rumore delle eliche.
Sono migranti in viaggio, accomunati dalla stessa sorte. Non a caso il nostromo nota: “Gente di popoli nemici che a terra si è scannata e si scannerebbe subito, qui dorme fianco a fianco e si aiuta pure. Com’è strana l’umanità”. Si diventa fratelli solo nel viaggio.
Traghetta clandestini stipati sotto coperta. Le donne a bordo lo infastidiscono, e i morti li butta a mare.
Però quando resta solo col nostromo racconta della donna che gli ha fatto perdere il viaggio di ritorno, racconta lo strazio nella voce e nello stomaco delle madri che nel primo Novecento gridavano il nome dei figli emigranti in mezzo al mare.
Racconta di una madre che urla il nome del figlio che non vedrà più. “Gridò da madre, da sirena, da cagna, fa uscire la voce dall’intestino, non dalla gola”. Quel nome, Sal-va-to-re-e-e, rimbomba come un tuono. Lascia al capitano una “cicatrice musicale nella testa”, inguaribile. Una ferita aperta. La porterà ogni tempesta, e ogni storia di carne che cerca senso e destino.
Racconta che ci sono momenti in cui bisogna perdere tempo, farlo passare. I racconti della ragazza Sheherazade le servivano a restare in vita, rimandare. Perdeva tempo e così lo guadagnava. Qualche volta la vita dura il tempo che si perde. Per mille e una notte riuscì a rinviare il proposito del re di ucciderla, perché allora le parole di un racconto facevano il miracolo di salvare la vita…
E poi, soprattutto, c’è il mare, con la sua forza terribile, i riti propiziatori e la sua generosità inattesa.
Nella stiva chiusa come la notte si masticano preghiere e superstizioni, si fanno riti per allontanare la morte che viene con le onde. Sindbad racconta di quelli convinti di causare gli uragani con le loro colpe, passioni o diserzioni. Racconta di Ionà, un venditore di colombe offerto dalla ciurma alle onde inferocite per placare la tempesta, e raccolto da un ventre di balena.
Ma Sindbad è al suo ultimo viaggio e la sua nave è una carcassa che non sopporterebbe un’altro ritorno. E che questa volta non si salverà.
Il viaggio oltre il mare si può compiere solo stringendo la carne di chi si ama. Solo così si può durare oltre il sale che inghiotte i ricordi. La verità, forse, è nelle parole del capitano che conosce la legge delle acque: “Si salvano dai malanni e dalle tempeste quelli che hanno una donna che li aspetta. In punto di pericolo le forze si raddoppiano, sono in due a combattere. La morte si stanca contro due alla volta, preferisce i solitari”.
“… A terra troverete brava gente e prigioni, si tratta di fortuna Se vostra madre vi ha dato un poco di sorte, vi andrà bene!”